domenica 6 marzo 2011

Nan Madol parte 1



E Dopo Yonaguni non potevamo non parlare di Nan Madol, straordinario sito archeologico dell'Oceano Pacifico che, insieme ad altri rappresenta, uno dei più grandi misteri della nostra storia. Ma al contempo una notevole fonte di disturbo per l’establishment scientifico, il quale non riuscendo ad incanalarlo nei suoi binari predefiniti, preferisce continuare a ignorarlo.
Ne aveva parlato, probabilmente per primo, anche quello strano scrittore-veggente che era H.P. Lovecraft. Isola di Pohnpei, in precedenza chiamata Ponapé, nell’arcipelago delle Isole Caroline nella Micronesia. Ma secondo gli storici e gli archeologi ufficiali  in quella zona non avrebbe dovuto prosperare alcuna civiltà capace di erigere monumenti di tal fatta. Già perché siamo di fronte a un complesso monumentale straordinario, paragonabile forse soltanto all’enigma dei Moai di Rapanui.
Chissà perché la storia di Nan Madol è poco nota perfino fra i patiti del mistero, quelli sempre pronti a tirare in ballo l'eredità di Atlantide, e magari l'intervento degli extraterrestri, ogni volta che ci s'imbatte in un elemento anomalo rispetto alle nostre conoscenze. Sfogliando l’Atlante dei Misteri di Francis Hitching, l’Enciclopedia del Soprannaturale di Richard Cavendish e l’Atlante dei luoghi misteriosi di Jennifer Westwood non ne troviamo traccia. Come se quelle enormi costruzioni semisepolte nella giungla e giacenti sotto il mare, semplicemente non esistessero.
Eppure uno dei primi a occuparsene è stato, alla fine dell'Ottocento il colonnello britannico James Churchward, convinto sostenitore dell’esistenza di Mu (un grande continente perduto) e controverso studioso delle cosiddette tavolette Naaacal, trovate in alcune località dell'India e, poi in Messico, scritte in un linguaggio sconosciuto e che lui, grazie all’aiuto di un saggio asiatico, sarebbe riuscito a decifrare, ricavandone informazioni sconcertanti sulla storia dell'umanità.
In futuro esporremo le teorie di Churchward, che mai fu preso sul serio dagli archeologi professionisti. Per ora chi fosse interessato ad approfondire l'argomento, può leggere i suoi libri, tradotti, malamente in lingua italiana. Qui accenniamo soltanto che secondo Churchward, il continente di Mu, situato nella parte centro-meridionale del Pacifico, sarebbe stato la sede di un Impero del Sole, che diede origine a tutte le antiche civiltà del pianeta, prima di essere distrutto.
Mu, al momento del suo massimo splendore, avrebbe avuto una popolazione di 64 milioni di abitanti, una fauna di grandi animali, tra i quali il mastodonte, progenitore dei nostri elefanti. Continente con un clima sub-tropicale, formato da foreste e praterie, e sarebbe stato abitato da dieci diverse razze umane. Da una di queste stirpi originarie sarebbero discesi gli ariani, simili a noi, ma di statura un po’ più alta. L’ultima catastrofe che distrusse Mu, c’è ne erano state almeno due di cui una in tempi immemorabili che avrebbe spezzato il grande continente, frantumandolo in una serie di isole minori, sarebbe avvenuta circa 12 mila anni fa, e avrebbe spazzato via anche quasi tutte le isole. Secono Churchward Nan Madol è uno dei numerosi tasselli del mosaico che fa emergere i resti dello scomparso continente di Mu, insieme a le due enormi colonne, sormontate da un arco, dell'atollo corallino di Tonga-Tabu; le piramidi delle isole di Guam, di Tinian e dell'isola Swallow; le ciclopiche muraglie delle isole di Lele e di Kusai (sempre nelle Isole Caroline); le muraglie delle Isole Samoa; le colonne di pietra, a forma di tronco di piramide, delle Marianne; la grande rovina sulla collina di Kuku,a 30 miglia da Hilo, nell'arcipelago delle Hawaii; i reperti delle isole Marchesi, nella Polinesia orientale, l’isola di Rapanui e altre. Ecco allora, leggiamo direttamente dalla penna di Churchward qualcosa su quest’isola misteriosa: “Qui si trova ciò che considero il reperto più importante tra quelli rinvenuti in tutta l'area dei Mari del Sud. Si tratta delle rovine di un grande tempio, una struttura che misura  90 metri di lunghezza e 18 di larghezza, con mura che nel 1874 erano alte nove metri e che a livello del suolo presentavano uno spessore di un metro e mezzo. Sulle pareti sono tuttora visibili sono tuttora visibili i resti di alcune incisioni che rappresentano molti simboli sacri di Mu.
L'edificio presentava canali e fossati, sotterranei, passaggi e piattaforme, il tutto costruito in pietra basaltica. Sotto il pavimento di forma quadrangolare vi erano due passaggi di circa nove metri quadrati, posti l'uno di fronte all'altro, che conducevano a un canale. Al centro della vasta superficie quadrangolare si trovava la stanza piramidale, senza dubbio il sancta sanctorum.
Secondo le leggende indigene, molte generazioni fa, il tempio venne occupato dai superstiti di una nave pirata che aveva fatto naufragio. Resti umani si trovano tuttora in uno dei sotterrane che i fuorilegge avevano usato come magazzino.
Nessun nativo si avvicina volentieri alle rovine, che hanno fama di essere infestate da spiriti malvagi e fantasmi chiamati mauli.
A Ponape vi sono anche altri reperti, alcuni adiacenti alla costa, altri sulla sommità delle colline, alcuni addirittura in radure al centro dell'isola; tutti però sono accomunati dal fatto di essere stati eretti in zone da cui era possibile vedere l'oceano. In una radura c'è un cumulo di pietre, che occupa una superficie di cinque o sei acri e che pare essere collocato su una base sopraelevata; intorno ad esso si notano i resti di ciò che un tempo poteva essere un fossato o un canale.
Ai quattro angoli delle rovine, che corrispondono ai punti cardinali, i mucchi di pietre sono più alti, dal che si desume che l'edificio aveva presumibilmente forma quadrata.
Personalmente ritengo che i resti di Ponape appartengano a una delle città principali della Madrepatria, forse una delle Sette Città sacre. È impossibile stimarne la popolazione, di certo era una città di grandi dimensioni, forse abitata da centomila persone.”
The Lost Continent of Mu, 1926

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