martedì 15 marzo 2011

Nan Madol parte 3


Pohnpei è una piccola isola poco più grande dell'isola d'Elba solo che a differenza di quest’ultima che si trova a brevissima distanza dal continente, Pohnpei è situata  in pieno Oceano Pacifico, a enormi distanze dalle terre continentali più vicine. Scoperta dai portoghesi nel 1595 passò in mano alla Spagna e alla Germania, occupata dai Giapponesi nel 1914 e  invasa dagli Stati Uniti nel corso della seconda guerra mondiale, il 22 dicembre 1990 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha posto fine alla tutela degli Stati Uniti ma le cose sono cambiate ben poco ed oggi sono un protettorato USA.  “La zona delle rovine è sorprendentemente grande, si tratta di costruzioni a colonne di basalto esagonali e ottagonali (si dice che in tutto siano 400.000), disseminate su una lunghezza di oltre 24 km.; alcune superano in grandezza e in peso i blocchi della piramide di Cheope. In passato il luogo portava il nome di Soun Nal-Leng, ossia «scogliera del cielo» e le leggende della Micronesia affermano che i masi giunsero sul posto in volo. Vi sono mura alte fino a 10 m. Costituiscono un enigma le pietre da catapulta perfettamente levigate e grandi quanto un uovo di struzzo rinvenute fra le rovine, dacché in tempi storici la catapulta non fu una macchina di guerra nota ai micronesiani. Aperture praticate nel suolo immettono in camere sotterranee. La maggior parte delle costruzioni (mura, strade, canali) giace sommersa nel mare che le circonda; quindi è possibile che Nan Madol rappresenti le vestigia di una cultura del Mari del Sud, scomparsa per una catastrofica inondazione e della quale ignoriamo sia l'epoca che l'origine.  Dalle prove col metodo C 14 le costruzioni e risalirebbero al 1180 d. C., ma è una data che sembra troppo recente per questa straordinaria, deserta città di pietra dove i micronesiani odierni non osano inoltrarsi per timore degli spiriti. Nelle loro leggende spesso figurano dei protagonisti giganti (kauna) e nani  preistorici che vivevano sotto terra, nonché un drago esperto di magia che aveva collocato alloro posto i blocchi facendoli volare. Strana è la notizia diffusa dai giapponesi prima del 1939, i quali assicuravano di aver trovato tesori sommersi nelle acque dell'arcipelago Platin. (…) Nan Madol significa a un dipresso «luogo dello spazio», un termine ambiguo che potrebbe significare molte cose.” Così il ricercatore tedesco Ulrich Dopatka descrive il sito di Nan Madol nel Dizionario UFO, Sperling & Kupfer, Milano, 1980. Nelle leggende dei nativi c’è uno strano episodio in cui l’isola viene occupata da “uomini con la pelle così dura che li si sarebbe potuti ferire soltanto colpendoli agli occhi”. Si tratta del ricordo di scontri con i portoghesi che nel 1595 incrociavano in queste acque? La “pelle dura” di cui parlano gli isolani era l’armatura europea? O c’è altro?  Oggi sappiamo che le rovine megalitiche di Nan Madol sono state edificate per lo meno alcuni alcuni secoli prima dell'era cristiana. Cosa che infittisce il velo di mistero che circonda il sito archeologico di Pohnpei, a dispetto dell’establishment precostituito. Alcuni ricercatori sostengono di aver individuato, grazie anche all’aiuto degli isolani, una complicata rete di gallerie sottomarine che, partendo dal porto di Nan Madol collegano tra loro le vare isole dell'arcipelago e che condurrebbero ad altre due antiche città ormai sommerse, costruite eoni orsono dagli dei, con l'aiuto di una magia in grado di sollevare in aria le grandi pietre. (cfr. Valerio Zecchini, Atlantide e Mu, Demetre Editrice, 1998).

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